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L’Immaginario è ovunque

“Se la vita è un gioco di carte noi nasciamo senza conoscerne le regole.

Nonostante ciò siamo tutti chiamati a giocare una mano”

Niki de Saint Phalle

Una donna come poche, un’artista come nessuna, Niki de Saint  Phalle, pseudonimo di Catherine Marie-Agnès de Saint Phalle. Il 2020 sarà il suo anno, a Capalbio, ad annunciarlo proprio Bloum Cardenas, la presidentessa della fondazione Il giardino dei tarocchi, che ovviamente gestisce l’omonimo parco, insieme a Settimio Bianciardi, sindaco della cittadina che ha avuto grande beneficio dall’amore di Niki per questa parte di Maremma: saranno collocate molte sculture provenienti da tutta Europa, e grafiche e litografie e disegni al cui centro non potrà che esserci il Giardino dei Tarocchi in località Garavicchio, che rafforza la presenza in città della Nana, la formosa figura femminile danzante collocata in piazza Belvedere. Una vera e propria mostra diffusa ad omaggiarla.

Per metà francese da parte di madre, attrice, e per metà americana da parte di padre, banchiere, Niki, nata a Neuilly-sur-Seine, in Francia, si trasferisce a New York nel 1937 dopo che la crisi del 1929 aveva portato un grave dissesto all’attività finanziaria della famiglia. Qui inizia i suoi studi, tra scuole cattoliche e pubbliche che cambia di continuo per il suo carattere ribelle. Probabilmente si riconcilia col suo animo grazie alle lunghe estati presso i nonni al castello Filerval in Francia. La doppia nazionalità contribuisce a farne una cittadina del mondo, poliglotta e legata ad amicizie internazionali.

Sin dal 1948 inizia, giovanissima, il suo rapporto d’amore con l’arte: la letteratura dapprima, poi il teatro e il cinema, mentre posava da fotomodella per Vogue e Life. Nel 1950, sposa lo scrittore Harry Mathews, da cui avrà due figli, Laura e Philip e con cui si trasferirà a Parigi. Nel 1952, viene ricoverata all’ospedale di Nizza e sottoposta a diversi elettrochoc per curare la crisi nervosa di cui soffriva.
La sua personalissima terapia, invece, diviene dipingere.

La sua prima mostra personale risale al 1956 a St. Gallen, dove conosce e si innamora dello scultore svizzero Jean Tinguely, per il quale, nel 1960, si separa dal marito.

Proprio in questi anni, realizza i suoi Shooting Paintings: la stessa artista sparava ad alcuni rilievi in gesso che nascondevano sacchetti di colore, alla cui esplosione pannelli con i ritratti di Kennedy, di Kruscev, di Fidel Castro, cominciavano dunque a sanguinare e a morire. Una dichiarazione di indipendenza dal Patriarcato.


In questi anni Niki entra a far parte, unica donna, del gruppo dei Nouveaux Réalistes, al cui manifesto aveva già aderito anche Jean Tinguely e che comprendeva, tra gli altri, artisti del calibro di Gérard DeschampsCésarMimmo RotellaChristo e Yves Klein.

La spinta alla felicità viene però dalla scultura. Niki si ispira al gigantismo femminile e realizza le “Nanas”, che in francese significa “signorine”: una ulteriore vendetta contro il padre, il banchiere André Marie, che tentò di violentarla quando lei aveva undici anni, cercando di farne la sua amante. La più riconoscibile e chiacchierata di queste sue signorine si trovava a Stoccolma, realizzata nel 1966, per il Moderna Museet, con il supporto di Jean Tinguely e di Per Olof Ultvedt,: ecco Hon/Elle , incinta, distesa nella posizione della partoriente, lunga ventotto metri, alta sei e larga nove. E’ una scultura praticabile. Il visitatore vi entra per la vagina e ha la possibilità di dirigersi verso i due seni. In quello di sinistra troverà un piccolo planetario, nell’altro un bar, nel resto del corpo un cinema e una mostra di quadri falsi.

Conosce e parla con Marella Agnelli durante una convalescenza a St. Moritz. Le racconta il progetto di creare un luogo come il Parco Güell di Gaudí e il parco dei mostri di Bomarzo. I fratelli della Agnelli, Carlo e Nicola Caracciolo, non esitano e le regalano due ettari di un terreno di loro proprietà a Garavicchio.

Era la fine degli anni Settanta, e ci vollero vent’anni e molti artisti oltre a Tinguely, Rico Weber, Seppi Imhof, Pierre Marie Lejeune, Tonino Urtis, Mario Botta, Venera Finocchiaro a concludere i lavori: 22 sculture ispirate agli Arcani maggiori dei Tarocchi, alte tra i dodici e i quindici metri, in cemento e armature d’acciaio, poi rivestite a specchio, a mosaico, a vetro, di azzurro, cobalto, verde, bianco, nero.

Scultura, architettura, poesia, si fondono in un respiro che fanno del luogo un incantamento. Un lascito di magia per tutta l’Umanità

“L’immaginario è la mia felicità. L’immaginario esiste”

Niki de Saint Phalle