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Accessi conoscitivi

Nel passaggio dall’età industriale a questa terza ondata dei self-media, saremmo portati a pensare che ALMENO, liberandoci dal servilismo al lavoro meccanico (termodinamico), le nuove tecnologie ci abbiano messo nella condizione di godere del tempo di vita quotidiana.
Temo questo non sia accaduto.

Per Henri Laborit, uno dei maggiori biologi e filosofi del comportamento umano, neanche il lavoro intellettuale sarebbe avulso dall’essere condizionato da una fitta seria di automatismi di pensiero, tanto che arriva a suggerire due ore al giorno di libertà d’informazione verso la sintesi, non pilotata e auspicabilmente contraddittoria.
L’informazione, ben diversa dal dato, è ciò che l’Uomo aggiunge di nuovo all’aspetto puramente energetico della sua esistenza, garantendone un più efficace bilancio.
In una società basata sulla produzione di beni e del bene per eccellenza, ovvero il progresso tecnologico, più l’informazione tecnica è astratta ed utilizzabile in modo globale e diversificato in minor tempo, più incrementerà la dominanza nella gerarchia sociale, del gruppo specializzato.
Per Laborit, se il senso della vita dell’individuo è mantenere la propria struttura e così facendo collaborare alla sopravvivenza della specie, allora non può certo essere di una limitata cerchia sociale, nonostante possa stringersi attorno un interesse comune.

Il salto è l’accesso alla conoscenza.
In modalità critica.
Con un approccio creativo che frantumerebbe la mineralizzazione dello spazio culturale attuale.


Henri Laborit (21 novembre 1914 – 18 Maggio 1995), chirurgo francese, scrittore e filosofo

In un suggestivo racconto, “La Biblioteca di Babele“, J. L. Borges ipotizzava l’esistenza di una biblioteca in cui fossero raccolti tutti i libri, non solo quelli effettivamente scritti nella storia dell’Umanità, bensì ogni libro potenzialmente composto registrando le possibili sequenze di simboli ortografici.


La biblioteca totale dello scrittore argentino comprende così, tra l’altro, i libri che descrivono “la storia minuziosa dell’avvenire, le autobiografie degli arcangeli, il catalogo fedele della biblioteca, migliaia e migliaia di cataloghi falsi, la dimostrazione della falsità di questi cataloghi, la dimostrazione della falsità del catalogo autentico, …”


Racconta Borges: ” Quando si proclamò che la biblioteca comprendeva tutti i libri, la prima impressione fu di straordinaria felicità. Tutti gli uomini si sentirono padroni di un tesoro intatto e segreto. Non v’era problema personale o mondiale la cui eloquente soluzione non esistesse: in qualche scaffale”.
Si moltiplicarono, in quell’epoca, gli esploratori, ciascuno animato dalla speranza di trovarvi il proprio libro, quello della Vita, ma ” quei ricercatori dimenticavano che la possibilità che un uomo trovi il proprio, o qualche sua variante, è sostanzialmente zero…
Alla speranza smodata, com’è naturale, successe un’eccessiva depressione.
La certezza che un qualche scaffale celasse libri preziosi e che questi fossero inaccessibili, parve quasi intollerabile“.

L’abbondanza di informazioni può rovesciarsi nel suo esatto contrario: infatti non basta avere l’accesso teorico ad un’informazione, occorre che tale informazione sia effettivamente fruibile.
Ad oggi, internet consente che, attraverso motori di ricerca, questo processo avvenga in pochi secondi, ma i campi bianchi in cui inseriamo le parole chiave sono porte strette, un filtro niente affatto trasparente che controllano ed indirizzano l’accesso alle informazioni.
In quanto mediatori informazionali si fanno strumento di gestione del sapere, ma sempre composto d’uomini e d’interessi economici enormi.

Agire in rete (ma non solo) con più senso critico è ormai fondamentale per verificare le fonti, evitare di consegnare suggerimenti in mano a terzi e soprattutto per essere in grado di gestire le proprie informazioni personali nella maniera migliore, decidendo quali lasciare alla sfera privata e quali affidare alla rete, altrimenti l’immaginario che ha guidato la nascita della rete rischia di essere ridotto a un database di profili di utenti su cui puntare campagne di marketing e pubblicità, le nuove tecnologie tramutate banalmente a nuova frontiera del modello capitalistico: per evitare questa pericolosa deriva è necessario un percorso di autoformazione, di alfabetizzazione digitale (un piccolo esempio pratico: per il browser Firefox sono disponibili estensioni che permettono di limitare la capacità invasiva di Google e di integrare i risultati con altri motori di ricerca), di educazione critica per poi costruire identità digitali complesse e capaci di muoversi all’interno di comunità i cui scambi s’appiattiscono irrimediabilmente sull’utente medio.
Medio-basso.
Intrappolato.
Passivo.
Esposto per moda d’esposizione.
A rovesciar fuori vuoti.

Bibliografia
Henri Laborit, ” Elogio della fuga” , ed. Oscar saggi Mondadori, 1982
Giuliano Spirito, “Matematica dell’Incertezza“, ed. Tascabili Economici Newton, 1995